Il colore in architettura
tra etica ed estetica
Negli articoli precedenti abbiamo analizzato alcune peculiarità necessarie in architettura, approfondendo i concetti di outfit e di lusso, intesi come progettazione “ad hoc” e ricerca di eccellenza nella vita quotidiana connessa con la cultura dello star bene, che ci portano qui a raccontare del colore come forma di espressione artistica importante dal punto di vista etico del benessere ed estetico del progetto di dettaglio personalizzato.
L’artista austriaco J. Torquinst affermava che «Lo spazio architettonico è un vuoto cieco, totale, fino a quando il colore non interviene, dando allo spazio un apporto di concretezza» [Colore e luce. Teoria e pratica, Unicopli, Milano]. Tale affermazione sembrerebbe sminuire la progettazione in realtà la esalta integrando il colore come elemento conclusivo del processo ideativo.
Il progetto architettonico è sempre una composizione di processi che partono dalle necessità legate al contesto, territoriale o immobiliare che crescendo si amalgamano con i particolari costruttivi e decorativi di cui il colore è tra i protagonisti.
Particolari costruttivi e decorativi di facciate esterne ed ambienti interni sono da sempre simbolo della classificazione sociale, del gusto personale e della funzione dell’oggetto architettonico testimoniando come la forma e la dimensione insieme al colore connotino l’importanza economico-sociale di un edificio e dei suoi spazi interni.
Esempi straordinari di riqualificazione urbana con l’uso del colore sono il Mercato di Santa Caterina a Barcellona progettato da Benedetta Tagliabue ed il Central Saint Giles a Londra su progettato da Renzo Piano.
Il primo, che nasce dalla riqualificazione dell’antico mercato rionale progettato nel 1848 sui resti di un convento quattrocentesco ed è oggi un’icona di Barcellona, ha ridato vita all’intero quartiere della Ribera rompendo uno schema regolare e monocromatico di base. Il tema ricorrente di questo progetto è l’irregolarità delle geometrie completamente su misura in cui raramente c’è ripetitività, ogni pezzo è unico e ogni oggetto colorato ponendo attenzione cromatica.
Quali colori sono stati scelti? Quelli della frutta e della verdura!
Il secondo nasce a Londra, nel quartiere di Soho in uno spazio urbano risultato della demolizione di un anonimo palazzo anni 60 in mattoncini. Esso rappresenta un cambio epocale del quartiere in cui sorge: è emergente e colorato, frastagliato e bucato, schermato da elementi metallici di grandi dimensioni ma aperto da vetrate e bucature alte 6 metri, apparentemente chiuso in realtà si apre all’interno su una piazza, cuore di questo eccentrico complesso architettonico, anch’essa “colorata” dalla presenza di caffè, ristoranti ed attività commerciali. I colori predominanti delle facciate sono rosso, arancione, giallo e verde, in forte contrasto con il resto della città in cui predominano i toni di grigio.
Ma come mai questa scelta? Sembra arrivi da un’analisi cromatica delle cornici lignee dei pub e dei negozi caratteristici di Londra.
«L’umanità ha bisogno del colore per vivere» affermava Le Corbusier, inventando un modello di studio per la progettazione del colore in architettura, denominato “Policromia Architettonica”.
Le Corbusier ispirandosi ad Aristotele, riusciva a cogliere il potenziale dei colori, la forza espressiva e la capacità di trasformare qualsiasi cosa – un oggetto, un arredo, un elemento architettonico – nella migliore versione possibile di sé. In qualità di architetti abbiamo il compito di comprendere quale tipo di percezione sensoriale e di conseguente reazione emozionale possa portare l’impiego del colore in uno specifico ambiente, al fine di produrre le condizioni ideali per il benessere di chi lo abiterà.
Il colore è quindi l’espressione delle complesse necessità di colmare bisogni e desideri dei fruitori degli spazi ed è necessario utilizzarlo avendo sempre presente che etica ed estetica devono essere rispettate affinché l’opera architettonica risulti in equilibrio non solo formale.
Color in architecture
Between ethics and aesthetics
In previous articles, we have analyzed certain peculiarities necessary in architecture, exploring in depth the concepts of outfit and luxury, understood as “ad hoc” design and the pursuit of excellence in daily life connected with the culture of well-being, which lead us here to talk about color as a form of artistic expression important from the ethical point of view of well-being and from the aesthetic point of view of custom detailing design.
The Austrian artist J. Torquinst stated that “Architectural space is a blind, total void until color intervenes, giving the space an input of concreteness” [Colore e luce. Teoria e pratica, Unicopli, Milano]. This statement would seem to belittle design, in reality it enhances it by integrating color as the conclusive element of the ideational process.
Architectural design is always a composition of processes that start from the needs related to the context, territorial or real estate, which as they grow, amalgamate with the constructive and decorative details of which color is among the protagonists.
Construction and decorative details of exterior facades and interior spaces have always been symbols of social classification, personal taste and function of the architectural object, witnessing how shape and size together with color connote the economic-social importance of a building and its interior spaces.
Extraordinary examples of urban redevelopment through the use of color are the Santa Caterina Market in Barcelona designed by Benedetta Tagliabue and the Central Saint Giles in London designed by Renzo Piano.
The first, which originated from the redevelopment of the old district market designed in 1848 on the remains of a 15th-century convent and is now an icon of Barcelona, has revived the entire Ribera district by breaking a basic regular and monochromatic pattern.
The recurring theme of this project is the irregularity of completely bespoke geometries in which there is rarely repetitiveness, each piece is unique and each object is colored with chromatic attention. What colors were chosen? Those of fruits and vegetables!
The second originated in London’s Soho district in an urban space resulting from the demolition of an anonymous 1960s brick building.
It represents an epochal change of the neighborhood in which it stands: it is emergent and colorful, jagged and pierced, shielded by large metal elements but open by 6-meter-high windows and openings, seemingly closed but in reality, it opens onto an interior courtyard, the heart of this eccentric architectural complex, also “colored” by the presence of cafés, restaurants and businesses.
The predominant colors of the facades are red, orange, yellow and green, in sharp contrast to the rest of the city where gray tones predominate. But why this choice? It seems to have come from a chromatic analysis of the wooden frames of London’s distinctive pubs and shops.
“Humanity needs color to live,” asserted Le Corbusier, inventing a study model for color design in architecture called “Architectural Polychromy”.
Le Corbusier, inspired by Aristotle, managed to grasp the potential of colors, their expressive power and ability to transform anything – an object, a piece of furniture, an architectural element – into the best possible version of itself.
As architects, we have the task of understanding what kind of sensory perception and consequent emotional reaction the use of color can bring about in a specific environment, in order to produce the ideal conditions for the well-being of those who will live there.
Color is thus an expression of the complex need to fill the needs and desires of the users of the spaces, and it is necessary to use it while always keeping in mind that ethics and aesthetics must be respected so that the architectural work is not only in formal balance.