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Abbiamo incontrato la famosa enologa Barbara Tamburini. Prima di intervistarla leggiamo la sua avvincente storia.

Nel 1999, per premiare l’eccellenza del settore enologico, venne istituito, da un’idea del Presidente della Fondazione Italiana Sommelier Franco Maria Ricci, che si ispirò all’omonimo premio internazionale cinematografico, un riconoscimento per particolari meriti professionali denominato “Oscar del Vino”.

Nacque così una vera e propria competizione nella quale un’Accademia, scegliendo i vini da inserire in nomination per le diverse categorie, nonché i personaggi professionalmente più qualificati, ha selezionato l’eccellenza dell’enologia italiana per la sua celebrazione. Nel novembre del 2019, l’Oscar del Vino come Miglior Enologo d’Italia, “Premio Giacomo Tachis 2019” venne riconosciuto, da parte di Bibenda e Fondazione Italiana Sommelier, a Barbara Tamburini, definita anche la “Shirley Temple” dell’enologia italiana, poiché, già nel 2004 aveva ricevuto la prima Nomination per questo ambizioso Premio (primo Enologo donna in Italia).

Da bambina prodigio a Winemaker di grande professionalità, Barbara Tamburini nasce in Toscana dove coltiva e sviluppa fin da subito la sua passione per il mondo del vino. Si laurea in Viticoltura ed Enologia all’Università di Pisa nel 2002, dopo aver già conseguito il Diploma Universitario in Tecnologie Alimentari con Orientamento in Viticoltura ed Enologia due anni prima, quando, da subito, aveva iniziato l’attività di Enologo Professionista con importanti consulenze.

In questo stesso periodo Barbara incontra una persona importante, conosciuta durante gli studi universitari (1994) e che diventerà il suo maestro, Vittorio Fiore, enologo di lunga esperienza internazionale, con il quale inizia un percorso di collaborazione che, per alcune realtà produttive, continua tuttora.

Oggi Barbara Tamburini è l’affermato enologo di oltre quindici importanti Aziende (distribuite dalla Valtellina alla Sicilia passando per la sua Toscana) e svolge la sua professione con riconosciuta reputazione, adeguata alle importanti sfide che ogni giorno le vengono proposte.

Intervista di Vittorio Savoia

Barbara, come nasce questa passione? Hai sempre voluto fare questo lavoro?

La decisione di diventare enologo è nata ai tempi dell’adolescenza in conseguenza del mio desiderio di svolgere un’attività professionale che non mi costringesse a rinunciare all’aria aperta, ai grandi spazi ed al contatto diretto con la Natura, anche per poter dare il mio contributo alla sua salvaguardia ed al suo sviluppo sostenibile, nonché ad un rapporto quotidiano con coloro che potessero contribuire al mio arricchimento intellettuale, culturale e professionale. Giunta al momento di decidere quale corso di laurea intraprendere ritenni di individuare nella professione dell’Enologo l’ambito in cui realizzare queste mie aspirazioni.

Le mie origini della montagna pistoiese, dove in inverno nevica e dove si va a sciare, hanno fatto sì che non avessi una tradizione enologica familiare alle spalle che si tramandasse di generazione in generazione; considero questo fatto un punto di forza essendo potuta crescere “da zero”, con basi tecnico-scientifiche solide e attuali che si sono poi unite agli insegnamenti ricevuti dal mio grande Maestro.

In sostanza ho avuto la grande fortuna di innamorarmi del mondo enologico mentre lo studiavo e lo scoprivo giorno dopo giorno. Un amore che, dopo oltre 25 anni, continua a vivere e ad attrarmi.

Franco Maria Ricci, presidente della Fondazione Italiana Sommelier, si è espresso con particolare orgoglio al riguardo dell’Oscar del Vino a partire da Giacomo Tachis. Cosa significa per te aver ricevuto questo prestigioso riconoscimento?

L’Oscar del Vino è un ambizioso riconoscimento, straordinario, un sogno divenuto realtà. Riceverlo significa  vedersi riconosciuto l’impegno quotidiano e la totale dedizione al mondo del vino che hai profuso.

Ti viene riconosciuto un impegno che ha portato alla nascita di vini unici con una propria identità ed un proprio carattere e che si collocano nella “nicchia” delle eccellenze italiane.

Com’è nato il tuo primo vino?

Il mio primo vino è stato un Merlot. Avevo capito subito, fin dalla sua prima vendemmia, che sarebbe potuto diventare un fuoriclasse, e così è stato.

Correva l’anno 2000, sulla costa toscana in quel tempo l’estate era molto calda e l’escursione termica giorno-notte era minima, per cui decisi di organizzare la raccolta notturna per salvaguardare fin da subito il patrimonio aromatico di quelle uve; in mancanza di questa particolare operazione, non si sarebbe mai giunti in cantina con uve di quel livello qualitativo.

La lavorazione in cantina fece il resto, dando vita ad un grande Merlot.

Cosa significa per te vendemmiare? È il momento più importante del tuo lavoro?

La vendemmia, punto di arrivo di un intero anno di lavoro svolto in campagna, coincide con il punto di partenza per il lavoro da svolgere in cantina, uno dei momenti più significativi del Progetto Vino. Riuscire a portare in cantina uve sane e mature al punto giusto, rappresenta il primo passo, rimanendo su quel percorso, per realizzare vini di elevato profilo qualitativo.

Vigna o cantina? Cosa preferisci?

Vigna e cantina. Difficile, anzi, impossibile scegliere perché si tratta di un binomio inscindibile; adoro la vigna perché amo il contatto con la natura che mi concede, mi piace passeggiare nei vigneti specialmente quando ci si avvicina al momento di raccolta delle uve.

La cantina, invece, è il luogo tecnico dove avviene la trasformazione dell’uva in vino e dove il vino, a seconda dei diversi obiettivi da raggiungere, prosegue il suo percorso di affinamento nelle piccole botti di legno (barriques) oppure in acciaio fino ad arrivare in bottiglia. Ogni cantina ha un suo proprio profumo, per questo sono convinta che potrei riconoscere in quale delle mie cantine mi trovo, qualora fossi entrata ad occhi chiusi.

Oggi a che punto è il vino italiano nel panorama internazionale? Si può ancora migliorare?

Il vino italiano, ormai da anni, si è collocato ai vertici dell’enologia mondiale, anche grazie a un territorio, da nord a sud, isole comprese, assolutamente vocato dal punto di vista vitivinicolo; le conoscenze dei tecnici che vi lavorano fanno il resto assicurando risultati molto importanti.

Ovviamente si può sempre migliorare, anzi si deve, posto che non siamo l’unico Paese al mondo a produrre vino, ma anche perché i continui cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, ci impongono costanti investimenti di adeguamento sempre volti ad assicurare l’eccellenza qualitativa di cui siamo riconosciuti protagonisti.

Cosa serve per fare un buon vino?

I primi tre elementi che mi vengono in mente sono: la conoscenza tecnico-scientifica, basilare per intraprendere un percorso enologico, accompagnata da amore e passione per il vino.

Esiste una cosa che ci contraddistingue rispetto alle altre nazioni, nel mondo del vino?

Sicuramente sì. La particolare forma del nostro Paese, stretto e lungo, costeggiato dal mare, che ne influenza in molti casi il clima, e le numerose valli caratterizzate da microclimi particolari, fanno si che l’Italia sia un Paese unico al mondo per la capacità di produrre diversità qualitative.

Hai un tuo vino preferito?

Pretendo molto da me stessa, al punto da essere molto selettiva nello scegliere i vini per il mio consumo personale, siano essi vini bianchi o rossi. Le mie scelte ricadono spesso anche su vini spumante nazionali (Franciacorta e Trento DOC), oppure su Champagne prodotti da piccole maison. In entrambi i casi, comunque, sono particolarmente affezionata a una mia lista di eccellenze, frutto di anni di esperienza gustativa.

Parlaci della tua vita dal punto di vista personale.

La mia vita professionale è piuttosto nota, quella personale preferisco custodirla “gelosamente” come un’oasi di approdo per staccare dall’attività professionale.

Hai lavorato e continui a farlo con tanti vitigni; ce n’è uno che senti più tuo?

Ci sono numerosi vitigni autoctoni “principi” originari delle diverse regioni italiane con i quali lavoro molto volentieri, mi riferisco al Vermentino ed al Sangiovese in Toscana, così come ai diversi vitigni siciliani quali il Grillo, l’Inzolia, il Carricante, il Nero d’Avola e il Nerello Mascalese, come pure con il Nebbiolo in Valtellina.

Ci sono anche due vitigni internazionali che mi piacciono molto sia dal punto di vista personale che professionale, il Merlot (Premio Regina del Merlot nel 2015) ed il Cabernet Franc.

Qual è il tuo punto di forza, nel tuo lavoro?

La determinazione ed il rigore, che pretendo innanzitutto da me stessa, ma anche da coloro con i quali collaboro per la realizzazione di un obiettivo ambizioso, qual è il vino di elevata qualità.

Il fatto di essere donna ti ha ostacolato per arrivare dove sei arrivata?

No. La qualità dei vini di cui mi sono occupata, e di cui mi occupo, hanno fatto, fin dal principio e continuano tutt’oggi, ad essere il mio principale “biglietto da visita”.

La tua storia ci fa capire che ti piace perseguire una linea professionale di alto profilo, in altre parole, ti piace “volare alto”, cosa che hai fatto anche veramente, quando sei stata la quinta donna al mondo, nel 2004, a salire su un MB339, il mitico aviogetto delle Frecce Tricolori. Ci racconti questa esperienza? Da cosa è nata? E perché?

Ecco la realizzazione di un altro sogno in cui non ho mai smesso di credere e che, dopo diversi anni, sono riuscita a trasformare in realtà. La passione del volo l’ho sicuramente ereditata dal mio DNA. Questo è un racconto lungo quanto avvincente, sintetizzo dicendo di essere ancora una volta grata al successo ottenuto nella mia attività professionale che mi ha permesso di vivere questa esperienza unica, 50’ di volo acrobatico nei cieli del Friuli, felicità allo stato puro!

Sei stata anche un disinvolto arbitro tv. Ci racconti?

Una esperienza diversa e assolutamente divertente attraverso la quale insieme ad un bravissimo sommelier e un vivace giornalista abbiamo potuto dare il nostro contributo tecnico-culturale attraverso un canale di comunicazione diverso: il primo reality italiano riguardante il mondo del vino.

Oltre un centinaio sono gli articoli e le interviste che ti riguardano. Questo ti ha cambiato o sei rimasta la Barbara di sempre?

Direi che è stata proprio l’attività professionale e le soddisfazioni che da essa ne ho tratto, che mi hanno aiutato ad esprimere aspetti del mio patrimonio umano e culturale.

La nostra rivista ha una matrice immobiliare, Luxury Real Estate, che ci porta talvolta a considerare la vendita di cantine o asset similari. In questo contesto conosci criticità da segnalarci? Cos’è determinante nel considerare l’importanza di una cantina ai fini del Real Estate?

Due aspetti che valuto molto importanti sono: il brand ed il percorso che ne ha accompagnato il suo conseguimento.

Secondo te esiste qualcosa di importante che il mondo della ristorazione deve considerare per valorizzare al meglio il vino e il suo mondo?

Credo proprio di sì. Il termine adatto per racchiudere il segreto che consentirà di effettuare ulteriori passi avanti per questo obiettivo, è rappresentato dalla parola “Cultura”, mai scontata e diffusa come dovrebbe essere.

Grazie Barbara, cin cin

We have met the famous enologist, Barbara Tamburini. Before starting with the interview, let’s go back with her thrilling story.

In 1999, the President of the Italian Sommelier Association, Mr. Franco Maria Ricci, indicted the “Wine Award”, inspired by the international movie Award, in order to reward both specific professional skills, and the excellence of the enological sector.

Therefore, a true competition started, and an Academy has selected the highest quality of Italian enology by choosing among the wines to be inserted for the nomination in different categories, as well as the most qualified people. On November 2019, Barbara Tamburini, also defined as the “Shirley Temple” on Italian enology, received the “Giacomo Tachis Award 2019” because, already in the year 2004 she received the first nomination for this ambitious Award (first enologist-woman in Italy).

Barbara was born in Tuscany, as a prodigy child to become a great professional winemaker, where, already from the beginnings, she grew and developed her passion in the wine world. In the year 2002, she graduated as “Viticulture and Enology” at the University of Pisa, after getting the College Degree in Food Technology with orientation to Viticulture and Enology two years before, and while, from the very beginning, she had already started her career as Professional Enologist by giving important consultations.

During this period Barbara meets an important person, Mr Vittorio Fiore, a longtime international enologist and her mentor, since she met him met in 1994 during her university studies, they started a cooperation that, for some productive aspects, is still continuing up to now.

Today Barbara is a well-known enologist of more than fifteen Wineries (spread out from Val Tellina to Sicily, going through her Tuscany), carrying out her profession with acknowledged reputation, suitable to the important challenges she meets every day.

By Vittorio Savoia

Barbara, how did passion come about? Is this the job you’ve always wanted to do?

I made this decision to become an enologist at the time of teens, because of pursuing a professional activity working outside, in open spaces, and strictly in contact with nature, as well as being active part of its protection and sustainable development, and a daily relationship with those who help my intellectual and cultural enrichment. When I had to decide what kind of University to attend, I thought that I would carry out my aspirations in the enologist profession.

My origins are from the mountains near Pistoia, where there’s snow during the winter and where people go skying; this made my familiar background quite unfamiliar with enological tradition, but rather I had to start from the very beginning, being a strength for me, with technological and current basis that I combined with the teachings of my great Mentor.

In a few words, I’ve had the great fortune to fall in love with enological world while I was still a student and while I was discovering it day by day. It’s a love that keeps being alive and attract me after over 25 years.

Franco Maria Ricci, President of the Italian Sommelier Foundation, expressed himself with proud regarding the “Wine Award”, starting from Giacomo Tachis. What does it mean to you receiving this prestigious award?

The Wine Award is an ambitious, extraordinary award, it’s a dream come true. Having this Award it means having your daily commitment and total dedication to the wine world appreciated.

You are recognized for a commitment that has led to the creation of unique wines with their own identities d nature, and that are now in the restricted excellence of Italian wines.

How did your first wine come about?

My first wine was a Merlot. I knew right away, from its first harvest, that it could be something special, and it did.

It was the year 2000, on the Tuscany coast; that summer the temperature was very hot, therefore the night-day temperature range was minimum, so I decided to be harvesting by night to safeguard the aromatic properties of those grapes from the very beginning; without this particular operation, we wouldn’t have reached the winery with grapes of such highest level.

Cellar processing did the rest, resulting in a great Merlot.

What does harvesting mean to you? Is it the most important moment your work?

The harvest is the point of arrival of an entire year of work in the countryside, is at the same time of the starting point of work to be done in the winery, one of the most significant moments of the Wine Project. It is extremely important to bring healthy and ripe grapes to the winery at their right moment represents the first step, highly making profile wines.

Vineyard or winery? Which one do you prefer?

Vineyard and winery? It’s difficult to say, indeed! It’s impossible to choose because it’s an unbreakable pair. I love the vineyard because I love the contact with nature; I like walking in the vineyards especially when the moment of harvesting is approaching.

The vinery, on the other side, is the technical place where grapes are processed on the to become wine, and where wine itself, depending on different goals to be reached, keeps being processed in aging in small wooden or steel barrels (barriques) until it reaches their bottles. Every winery has its own scent, that’s why I know I could recognize every winery I am now, even if I entered with my eyes closed.

Where is Italian wine positioned on international outlook today? Can it be still improved?

Italian wine, already for many years, is on the top of enology world, also thanks to its territory, from north to south, including the islands, absolutely devoted from a viticultural point of view; the knowledge of the experts does the rest making sure that excellent results are obtained.

Of course we can always do better, I must say indeed we have to, because we are not the only Country in the world to produce wine, but also because of the climatic changes impose us constant investments and adapting our work in order to guarantee the excellence of wine that qualitative excellence we are recognized to be on top.

What do you need to make a good wine?

The first three ingredients that come to my mind are: technical and scientific knowledge, which is basic to start on a wine-making itinerary, accompanied by love and passion.

Is there something that tear us apart from other Nations in the wine world?

Definitively! The shape of our country, narrow and long, boarded by the sea, which has an influence on its weather in many cases; and the many valleys characterized by microclimates: it means that Italy is unique in the world in producing quality varieties.

What’s your favorite wine?

I expect too much from myself, so that I am extremely selective in choosing wines for me, both red and white wines. My choices even go sparkling national wines (Franciacorta and Trento Doc), or on Champagne produced by small masons. However, in both cases, I have my secret list of excellences, because of years of tasting experience. Tell us something about your personal life. My professional life is quite known, but I’d rather keep for myself my personal one, just like an oasis where to unplug from my professional life.

You have worked and keep working with many grape wines. Is there of them you feel as “yours” the most?

I work with pleasure with many important native grapevines, coming from various Italian Regions: I am referring to the Vermentino and to Sangiovese in Tuscany, as well as a great number of Sicilian grapevines such as Il Grillo, l’Inzolia, Il Carricante, Il Nero d’Avola and il Nerello Mascalese, and with Il Nebbiolo in Valtellina.

I also like two international grapevines both from a professional and a personal point of view, il Merlot (Regina del Merlot Award in the year 2015) and il Cabernet Franc.

What’s your strength at work?

I work with determination and austerity, and I expect this not only from myself, but also from the people I work with, to achieve an ambitious goal, such as high-quality wine.

As a woman, have you been obstructed from getting where you are now?

No. The quality of wines I’ve produced, and I still produce, has been and it is now, my “business card”.

Your story is a true example of an highly level professional worker, in other words, you like “flying high”, that is what you’ve really done, in the year 2004, when you were the fifth woman in the world flying on a MB339, the legendary jet aircraft of the “Frecce Tricolore” (The Frecce Tricolore is the aerobatic patrol of the Italian Air Force). Tell us something about this experience. How did it come? And why?

This one of my dreams I’ve never stopped believing in and, after many years, they came true. I have my passion for flying in my DNA, This is a long and thrilling story: anyways, making a long story short I must say thanks to the success achieved in my professional activity, I had the chance to experience a 50-minute acrobatic flight over the Friuli skies: that was truly happiness!

You have been also an easygoing TV referee. Tell us something about it.

That was a completely different and enjoying experience with a great expert sommelier and a dynamic journalist we gave our technical and cultural support through a different way of communication: it was the first reality show regarding the wine world.

There are over 100 articles and interviews regarding yourself. Do you think you have changed for that, or do you think you remain the same?

I think that my professional activity and all the satisfactions deriving from it helped me in expressing my human and cultural background.

Our magazine has a real estate imprinting, Luxury Real Estate: this gives us the opportunity sometimes to winery or similar assets sales. What are the critical issues to be pointed out? What is determining in considering the importance of a winery sale for a real estate agency?

There are two aspects that are very important: its brand and the path that led to its achievement.

In your opinion is there something that must be considered in the restaurant business to emphasize the wine and its world?

I think so. The proper terminology to enclose the secret that will help step forward to achieve goals is always one word: Culture. This word is never taken for granted, and it’s widespread, as it should be.

Thank you, Barbara. Cheers!

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